IL
CASTELLO
Nei
castelli di Sigismondo vari tipi di torri ricorrono
in più di un esemplare: dalle torri a puntone pieno
di modesto sviluppo della rocchetta di San Clemente
e Sant’Andrea in Besanigo (o in Patrignano), alle
torri poligonali di Santarcangelo e della corte a
mare di Castel Sismondo, alle più grandi torri
pentagonali a puntone cavo di Monteleone e delle
mura di Verucchio, alle torri a pianta quadrata di
Senigallia e delle mura di Rimini lungo l’Ausa. Si
ricava la sensazione che la committenza non
assegnasse un tema specifico, ma che le decisioni
fossero demandate al “maestro” di volta in volta
incaricato dell’opera.
Nel
cortile si conserva il filtro dell’acqua piovana
prima dell’immissione in cisterna. Filtri e
cisterne, in quanto sotterranei, si sono conservati
anche in quasi tutti i ruderi di castelli che
costellano le nostre montagne.
I
sotterranei sono coperti con volte a botte, per
irrobustire staticamente la struttura contro
l’offesa delle artiglierie. L’uso di volte a botte è
ricorrente nei castelli di Sigismondo, da Rimini a
Mondaino e da Verucchio a Santarcangelo.
Il
lato d’ingresso mostra la perdita dell’intera
terminazione beccatellata, che certamente coronava
il castello. La mano di Sigismondo Pandolfo si
rivela nella generosa scarpatura del castello e
nella torre esagonale, successivamente dotata di
nuove bombardiere.
Una
scala chiocciola che invade lo spazio interno
assicura le comunicazioni verticali della grande
torre di Carlo Malatesta dalla quale sono stati
eliminati, nel corso del tempo, la maggior parte dei
piani.
Le
bombardiere sono frequentissime nei castelli
italiani, ammodernati per la difesa fino a tutto il
Quattrocento e oltre. Costituiscono un prezioso
“fossile guida” per la datazione delle varie parti
delle strutture perché alla fine del XV secolo entra
in uso il tipo “alla francese” , che dura pochi
decenni e fornisce quindi una datazione tipologica
piuttosto precisa.